Bruno Ceccobelli

Gratiaplena
Bruno Ceccobelli, Gratiaplena, 2008 – t.m. su tavola – 50,5x40x6 cm

Bruno Ceccobelli

Biografia

I miei scritti:
“Arte e società”: intervista a Ceccobelli apparsa su Cosmopolis, IV.2/2009.

La società della grazia di Bruno Ceccobelli

 

 

Bruno Ceccobelli, Gratiaplena. Economia della grazia, a cura di Marco Bastianelli, Effe Fabrizio Fabbri Editore, Perugia 2009. (232 pp., 24X16 cm).

L’economia della Grazia è fondata su un capitale spirituale e, come tale, esclude le logiche del mercato e del guadagno materiale. È l’esatto opposto del plusvalore e dello spreco, perché il capitale di grazia aumenta quando è donato e la conoscenza di se stessi, la conversione, è condizione per riceverne ancora. Specularmente, la mancata conoscenza di sé è un «indebitarsi di insensatezza», un consumo «senza senso, per non morire di noia».

Quando l’arte non si ferma all’espressione, ma si fa carico anche del senso e della visione del mondo, allora l’artista produce opere che vanno lette e libri che vanno ammirati come poesie visive. Essi contengono simboli e visioni, operano come riti iniziatici e conducono il lettore-spettatore a una conversione nella bellezza.

Gratiaplena. Economia della grazia è la “pitto-scrittura” di un grande artista contemporaneo. Attraverso penetranti indagini sulla condizione umana e sul significato profondo dell’esperienza di fede, Ceccobelli restituisce all’arte una capacità d’azione spirituale e sociale. Prospetta un mondo liberato dalle logiche del mercato e del capitale, una società in cui la pratica estetica sostituisca la politica e l’economia del denaro lasci il posto alla logica sovrabbondante del dono.

In copertina: B. Ceccobelli, Gratiaplena, 2008, t.m. su tavola, dim. 50,5 x 40 x 6

Indice: La società della grazia di Bruno Ceccobelli (di Marco Bastianelli),Introduzione: Stato di Grazia, Assolutamente, Ditirambo, Aspetta tempo!, Filosofia di un extraterrestre, Vìola, Ordine dei configlioli, L’economia è contro il diletto, Un vocabolario decoroso, Oh D’io, uomo, Angelo spiritoso, Omaggio a Jacopone da Todi, L’Etica dell’Estetica, Auro assemblaggio. Ceccobelli è di Todi (di Mariano Apa), Parole chiave, Biografia, Bibliografia

Carlo Dell’Amico

I miei scritti:

Dell’Amico della sapienza. Geometria sacra di un’arte radicale, presentazione del libro-catalogo “L’anima che perse la memoria” – Norcia, Museo della Castellina, 11 giugno 2016

Il giorno della nuova creazione. Testo del catalogo della mostra personale Il quinto giorno, Freemocco’s House, Deruta, 6 ottobre 2013.

Carlo Dell’Amico nasce a Perugia nel 1954. La sua ricerca estetica si basa sulla elaborazione di un complesso universo di segni e simboli, nel quale ricorrono frammenti o reperti che rimandano al senso dell’origine.

Sin dagli anni 1970 fino ai primi anni 80, l’artista esplora l’universo tenebroso degli ipogei etruschi, per carpirne i segreti e riflettere sacro vuoto che si instaura tra la presenza dello spirito nel nostro corpo e l’aspirazione verso la trascedenza.

Attorno agli anni 2000, muta i suoi mezzi espressivo e fa uso dei linguaggi mediali, operando una contaminazione tra opera e ambiente sempre più forte. Il suo simbolismo allude alle regole auree di una “geometria” generativa e sacra, concetti già espressi nella performance e nell’installazione del 2006 al Mlac dell’Università La Sapienza di Roma e al Museo del Tuscolo nelle Scuderie Aldobrandini di Frascati.

Nel 2005 l’artista contrappone due radici d’albero l’una discendente e l’altra ascendente, inaugurando una nuova rappresentazione simbolica dell’alto/basso: i due elementi, intersecandosi, formano una croce, di cui  costituiscono l’asse verticale e la linea orizzontale, sulla quale si incontrano; il centro unisce i gradi dell’esistenza che, nell’orizzontalità, trovano il proprio sviluppo, lasciando che il linguaggio umano possa trascendere nella verticalità.

Nel 2008 proietta una sagoma di albero con le radici rivolte in alto sulla facciata della Basilica Superiore di San Francesco ad Assisi. Il dialogo tra i punti simbolici dell’opera e quelli dell’architettura dell’edificio attraggono le ramificazioni un tempo sotterranee dell’albero.

Nel 2009, a Palazzo Taverna di Roma, predispone la ricostruzione di una “Stonehenge” dal titolo Riportati alla luce, in cui usa monoliti, prismi di plexiglas con all’interno radici capovolte di colore azzurro recise all’altezza del pleroma, immerse in una luce di plenilunio ricreata dai neon blu fluorescenti, impietrite nelle polveri della storia umana.

Tra il 2009 e il 2010 realizza l’installazione nel complesso museale di Montone, Eadem mutata resurgo, in cui dispone una serie di radici su una griglia metallica, che riproduce la progressione della sezione aurea in dialogo con la scena di una Deposizione lignea duecentesca.

Nel 2012 a Palazzo Schifanoia a Ferrara e successivamente al Museo Archeologico di Terni istalla delle grandi gabbie d’acciaio, al cui interno gli elementi radicali sono sovrapposti al reticolo del SATOR.

Nel 2014, l’installazione Polvere di Sole ripropone una serie di istallazioni analoghe, nelle stanze della Pinacoteca Stuard a Parma.

Marino Ficola

Ho curato la mostra Il Grande Animale Marino. Opere 1990-2014, Freemocco’s House, Deruta, 5 aprile 2014.

I miei scritti
Marino Ficola: Animario Folk
L’architetto sognatore marino

I testi sono pubblicati nel catalogo/libro d’artista della mostra, a cura di Attilio Quintili.

locandina mostra Marino FicolaBiografia

Marino Ficola (Deruta, 1969), nel 1993 si diploma in Scultura con Edgardo Abbozzo all’Accademia di Belli Arti “Pietro Vannucci” di Perugia. Nel 1992 collabora con la compagnia teatrale “Mama Umbra International” di Spoleto, diretta dalla regista americana Ellen Stewart. Lavora come assistente della scultrice americana Beverly Pepper, nello studio di Todi, esperienza che gli offre anche l’opportunità di soggiornare a New York. In seguito, è assistente di Bruno Ceccobelli e, insieme ad altri artisti umbri, fonda l’associazione culturale Iride. Nel 1999 realizza il Manifesto del Festival d’Estate di Spoleto, mentre nel 2001 è protagonista del video Madre Terra di Marco Agostinelli, presentato al Festival del cinema sull’arte di Montreal. Nel 2008 partecipa a importanti eventi di rilievo internazionale, tra i quali Concretamente, mostra d’arte ceramica a Palazzo Venezia a Roma, Migrazioni d’Arte Contemporanea dall’Umbria, promossa dalla Regione Umbria e dalla Provincia di Perugia presso la Rain Gallery di Pechino, la collettiva Art Contemporain, Dialogue Coreè & Europe, presso la galleria d’Arte Deburaux Aponem. Nel 2010 espone alla galleria Palazzo Morelli Fine Art di Todi, con una personale dal titolo Periferie estreme, a cura di Alan Jones. Nel 2011 la Fondazione Rava lo invita alla Charity Auction del Gala Dinner per Haiti, in cui mette a disposizione l’opera “Tavolo dell’Arte”. Nello stesso anno è invitato alla 54a Biennale di Venezia, Padiglione Italia: Umbria, a cura di Gianluca Marziani e Vittorio Sgarbi, presso il Museo Arti Visive di Palazzo Collicola, a Spoleto. Partecipa anche alla mostra Burning New York ICE, a cura di Roberto Semeraro, presso il Collegio Armeno di Palazzo Zenobio, a Venezia. La personale ICE. Glaciazioni contemporanee, promossa da Sistema Museo in collaborazione la galleria Palazzo Morelli Fine Art, è ospitata a luglio presso il Castello Aragonese di Otranto. Nel mese di aprile realizza la personale Rizomi, a cura di Paolo Nardon, presso la Galleria T.A.C. Contemporanea di Perugia. A novembre è a Milano, nella mostra di sculture Equilibri, a cura di Marco Meneguzzo, presso lo spazio PAePA Arte e Comunicazione. Nel 2012, le sue piccole sculture in ceramica e plastica sono inserite nel Progetto Italcementi Arte. Nel 2013 Riccardo Zelatore e Giuliano Papalini curano la personale Polimorfi, alla galleria Terre d’Arte di Torino. L’opera “Angelo Blu” è presente nella collezione del Museo de Los Angeles de Turegano in Spagna, diretto da Lucia Bosè. Con la scultura “Espressioni” rappresenta la città di Deruta nella guida Res Tipica delle 36 città italiane della ceramica. Una sua opera è presente anche nella sezione contemporanea del Museo Regionale della Ceramica di Deruta. Ficola è segnalato nel catalogo Novecento, Ceramiche Italiane, vol. 3, a cura di Emanuele Gaudenzi.

E’ accademico di merito alla Accademia di Belle Arti di Perugia, dove insegna Tecniche della ceramica.

Marino Ficola vive e lavora a Deruta (Perugia).

Attilio Quintili

Con Attilio Quintili ho collaborato per i molti anni in cui a Deruta ha aperto Fremocco’s House. E’ una casa d’arte in cui è stato possibile sperimentare e vivere l’opera in un clima culturale amicale, ricco e interdisciplinare.

Sono stato tra gli animatori della Seradada, mostra collettiva a cura di Freemocco’s House (Deruta, 21 aprile 2013), con opere e scritti di: Brajo Fuso, Mario Consiglio, Gianfranco Tomassini, Giorgio Crisafi, Luca Costantini, Carlo Dell’Amico, Serenella Lupparelli, Andrea Fogli, Marino Ficola, Danilo Fiorucci, Attilio Quintili, Marco Bastianelli, Giovanna Brenci, Giorgio Croce, Marinella Caputo, Emidio De Albentiis, Samanta Retini, Andrea Baffoni, Antonella Pesola, Rita Castigli, Aurelio Stoppini. Per la serata è stato realizzato un libro d’artista in 20 copie numerate, all’interno del quale compare il mio testo Dadaderuta è una porta aperta per voltolarsi tra morbidi cuscini

Per Attilio ho scritto:

Esplosioni di materia per la festa del mondo

Esplodere deriva dal latino ex-plaudere, che si potrebbe tradurre con “cacciar via battendo”. Infatti, ex indica un venir fuori, un uscire da, mentre plaudere significa “percuotere due corpi insieme in modo da causare rumore”, come quando si applaude sbattendo le mani l’una contro l’altra. Qui scopriamo un’interessante connessione, poiché ad-plaudere vuol dire battere (le mani) causando rumore verso (ad) qualcuno o qualcosa. Sarà forse per questo che, quando ho visto per la prima volta le esplosioni di Attilio Quintili, mi è venuto spontaneo applaudire.

Del resto, nel percuotere, nello sbattere o nel ritmare con le mani o con i piedi, c’è qualcosa di atavico, direi di primordiale. Come pure è primordiale l’uso della materia nelle ceramiche esplose di Quintili, in quanto rimanda a un caos primigenio, a un Big Bang, all’argilla da cui viene la vita o, più semplicemente, ai crateri sulla crosta terrestre.

La tecnica stessa della realizzazione di queste suggestive sculture ne è testimonianza: vi è una componente incontrollabile, alla quale l’artista è sottomesso e dalla quale, al tempo stesso, tenta di svincolarsi, con la sapiente padronanza di una tecnica appresa in anni di lavoro e ricerca.

Detta così sembrerebbe una lotta. Ma Quintili è sereno, direi quasi ludico, e l’opera, nella sua violenza eiettante, è comunque armoniosa. L’applauso non è dunque rivolto al vincitore di una contesa, ma a ciò che di profondo e simbolico l’operazione (materica e concettuale) esprime, qualcosa di intimo, che unisce l’artista, l’opera e lo spettatore. Che cosa dunque applaudiamo quando guardiamo le sculture di Quintili?

Lo scopriamo notando che quelle sculture sembrano vasi e che, evidentemente, la formazione derutese dell’artista gliene dà effettivamente l’impronta. Essi, però, del vaso perdono completamente la funzione, poiché, attraverso l’esplosione, l’ordine che il vaso prevede ne risulta in qualche modo mutilato. Ne acquistano però un’altra ben più elevata, anch’essa nascosta nelle parole.

Vaso, infatti, pur derivando dal latino vasus, reca con sé la radice sanscrita vas, che significa contenere. Dalla stessa radice deriva la parola sanscrita vasati, la quale, tra gli altri significati, ha anche quello di abitare, nel senso di trovarsi in un luogo che contiene. E dal termine vasati, a sua volta, nasce vastya, che in sanscrito è casa abitazione.

Ebbene, secondo alcune etimologie, vastya si ricollega alla radice del greco festía, che è il focolare della casa, dal quale  nascerebbe poi il termine latino festa. Secondo questa interpretazione, fare festa significherebbe “accogliere al focolare domestico”.

È straordinario, perché le sculture di Quintili sembrano vasi esplosi per fare festa. Capisco allora da dove nasce l’applauso, ossia dalla presa d’atto che si tratta di un fuoriuscire fragoroso di gioia e di vita, di un fenomeno artistico-simbolico che narra l’accoglienza, presso la propria abitazione, di una materia primordiale. Del resto, il fuoco che ha creato quelle sculture è anche quello a cui esse tornano, trasformate dall’intervento dell’artista.

Ciò nondimeno, occorre anche osservare che abitare contiene il latino habére, che significa avere. Gli conferisce però una sfumatura di consuetudine, nel senso che l’abitare è inteso come il continuare ad avere. Abitando un luogo, cioè, lo sentiamo nostro, quasi nella forma di un possesso, al punto che il luogo che abitiamo è ciò cui siamo anche abituati e che, come tale, infonde sicurezza, proteggendo e custodendo.

L’esplosione, per contro, rimanda a un disordine, a un caos che viene a turbare proprio l’abitudine e la protezione del luogo che abitiamo. L’esplosione, in un certo senso, è un segnale di guerra e, come tale, può essere in questo caso fraintesa.

Perché dunque applaudire dinanzi a queste sculture? Perché esse, in quanto vasi esplosi, vengono a turbare la quotidianità e l’abitudine. Ma la turbano senza guerra, senza minacce, bensì come accoglienza della vita che è nella materia. Sono fragorosi scoppi per fare festa. Insomma, vi si può vedere l’energia che esplode nel nostro quotidiano e che invade le case che abitiamo: è il darsi del mondo, la sorgente primitiva e primordiale della vita che, come dimostra il processo casuale della tecnica del lustro unitamente alle imprevedibili esplosioni, è sempre eccedente rispetto a ogni forma di controllo.

La festa del mondo è la creatività, l’eccedenza del vitale rispetto all’abituale, del fare rispetto al fatto. È la consapevolezza, cui Quintili ci richiama, che la vita è oltre, che essa è il divino che ci riconduce alle origini e ci muove al futuro. Applaudiamo dunque all’esplosione, ma senza falsi futurismi, perché dietro l’apparente minaccia essa nasconde la ricchezza di una vita che si offre gratuitamente, serenamente e pacificamente.

Perugia, 27 agosto 2013